7 PECCATI CAPITALI
die sieben todsunden 2.0 -performing act-
“Un impianto scenico puramente evocativo. Un atto performativo nel quale la narrazione è interamente affidata alla potenza delle immagini.
Una riflessione onirica e al tempo stesso concreta sugli errori umani. Uomini e donne senza identità eternamente condannati al Giudizio. Un’opera visionaria e oscura raccontata da 7 attori-danzatori che hanno deciso di mettersi in gioco, nel disperato tentativo di un riscatto morale, etico e sociale.”
Un viaggio dalle tinte oscure attraverso il senso ed il significato della parola PECCATO. Una narrazione “a quadri” che utilizza immagini, musica e parole esplorando alcune delle domande esistenziali che da sempre attanagliano l’uomo. Un codice espressivo basato su movimenti forti, esplosivi, a tratti disperati. Un insieme di corpi alla continua ricerca di una luce, una speranza. Anime che vivono nel torbido ma che sperano in una salvezza, una redenzione. Esseri umani perennemente condannati al giudizio morale, religioso, sociale. Individui bisognosi di conoscersi e di sfogare tutta la propria rabbia, tra intense partiture fisiche e momenti di sospensione e riflessione.
Lo spettacolo 7 PECCATI CAPITALI prosegue la ricerca della compagnia sul tema dell’identità contemporanea ed è la tappa conclusiva del Progetto Biennale “Die Sieben Todsunden-performing act” patrocinato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Ozzano dell’Emilia (Bologna) nel 2012 e 2013. La prima assoluta è avvenuta l’8 ,9, 10, 11 Luglio 2013 all’interno del Festival LA TORRE E LA LUNA 2013. Successivamente lo spettacolo è selezionato a INBOX 2014, Avignon LeOff 2014 ed è in scena al ROMA FRINGE FESTIVAL 2014.
Due anni di lavoro che hanno coinvolto numerosi artisti provenienti dalle più disparate discipline (danza, mimo, prosa,
teatro fisico, musica, giocoleria) e che, dopo una prima tappa conclusiva che ha riguardato uno spettacolo in itinere (luglio 2012) , è arrivato alla sua forma compiuta.
LA SFIDA e IL CODICE STILISTICO
Al progetto lavorano 3 danzatori e 4 attori con l'obiettivo di elaborare una performance che esplori nuove possibilità espressive a partire da esperienze e linguaggi eterogenei. Agli attori è stato chiesto un consistente lavoro sull’apparato coreografico e sulla memoria fisica, mentre ai danzatori è stato richiesto di snellire e semplificare le sovrastrutture estetiche della danza, con lo scopo di eliminare ruoli e schemi predefiniti per creare un codice stilistico comune. Ne è nato uno spettacolo corale in cui i 7 protagonisti operano in una tensione comune e costante per dar vita ad un teatro fisico nel quale il gesto ha sempre una forte valenza drammaturgica.
I PECCATI CAPITALI e IL SENSO DI GIUDIZIO
Cos’è il peccato? Chi è il peccatore? Chi può giudicare se una cosa è giusta o sbagliata? E chi giudica, perché lo fa? Per esorcizzare i propri peccati? E se il peccato rappresentasse la vera natura umana?
Queste sono solo alcune delle domande che attraversano tutto il lavoro e che hanno come denominatore comune il senso di Giudizio, che da sempre permea la civiltà.
In questa performance il peccatore non è altro che un essere umano giudicato nelle azioni da un altro essere umano. Il focus di ogni singolo quadro non è tanto il peccato in sé, quanto piuttosto il Dramma che si sviluppa nel peccatore così come nel giudicante: da una parte il bisogno primordiale di dare sfogo ai propri istinti ed il senso di vergogna che ne deriva, dall’altra l’urgenza di prendere posizione ed arrogarsi il diritto di puntare il dito. Parallelamente, emerge un altro aspetto del Dramma: giudice ed accusato spesso si confondono, si scambiano più o meno consapevolmente i ruoli, in un rapido alternarsi di punti di vista e in un continuo contrasto di sentimenti. Da qui, l’uso di un codice stilistico ambiguo ed oscuro che lascia sospesi e a tratti rarefatti i vari “episodi” narrati.
credits
con
Valentina Bressanin, Stefania Cellini, Lisa Foletti,
Prisca Fortini , Massimiliano Musto,
Piero Tassarelli, Brunella Zaccherini
un progetto scenico di
Emiliano Minoccheri
Editing Audio
Andrea Rizzi
Photo
Gino Rosa, Matteo Piazzi
Editing Video
Brunella Zaccherini
Testi tratti da
Laurence Binyon, Kiara Luna
In collaborazione con
Assessorato alla Cultura Comune di Ozzano dell’Emilia (Bologna)
Istituzione Anna Frank
lo spettacolo fa parte del Progetto biennale
Die Sieben Todsunden 2.0 – performing act _
recensioni
Tra coreografia e teatro '7 Peccati Capitali' (al RFF 2014 –Roma Fringe Festival 2014)
Sei interpreti in scena, vestiti e vestite di nero dalla testa ai piedi. Sul capo un tessuto per calze che lascia intravedere i volti solo alla diretta luce di scena. Queste presenze emergono dalla scena come dei dannati danteschi, come delle prime emanazioni di un umanità primordiale misteriosa e scenografica.
Scenografici anche i vari quadri in cui 7 Peccati Capitali è sviluppato dove i movimenti coordinati non diventano mai davvero danza pur andando oltre al teatro rimanendo al metà di un guado che diventa cifra stilistica dello spettacolo.
Molti i momenti emozionanti tutti quelli dove la figuratività di gruppo non lascia trapelare i volti e dove alla vocazione narrativa (scarna e poco incisiva anche rispetto l'argomento cui fa riferimento il titolo) lascia posto a una ricerca di composizione visiva elegante e suggestiva.
La figuratività dei volti scoperti porta qualche banalità narrativo-figurativa (la personificazione della fame) che costituisce uno dei limiti dello spettacolo, l'altro essendo le musiche che si impongono troppo col ritmo e con la possanza musicale rispetto il lavoro sul palco.
Memorabile il brulichio di braccia dal quale emerge il mezzobusto di uno dei due interpreti e anche il nudo finale, maschile, portato in scena con coerenza, eleganza e assenza totale di qualunque compiacimento od ostentazione, costituendo uno dei momenti più riusciti dello spettacolo della Compagnia "Le Saracinesche" di Bologna.
Di Alessandro Paesano per TEATRO.IT
7 PECCATI CAPITALI@Fringe Festival: dall'ombra alla luce, l'uomo
La compagnia Ote Le Saracinesche presenta al Fringe Festival uno spettacolo di grande impatto visivo ed emotivo: “7 peccati capitali”, scritto e diretto da Emiliano Minoccheri.
Musica, danza, parole: codici diversi raccontano la lotta dell'anima per la redenzione e il suo ricadere nella perversione peccaminosa. La scena è vuota, lo spazio progressivamente conquistato dal movimento dei corpi. I ballerini strisciano in scena, vestiti di nero, con il volto coperto: prima trascinati dal perentorio richiamo di un carmen latino, poi accompagnati da ritmi arcaici. Sul fondo, le luci alternano a immagini proiettate le ombre delle figure che si compongono in scena: ricchi i riferimenti alla cultura indiana, mediorientale, cristiana. Tre movimenti principali definiscono la dimensione narrativa: la faticosa proiezione in avanti, verso il pubblico, verso l'evidenza e la manifestazione di sé; la tensione verso l'alto, la liberazione, la verità; il moto circolare, ritmico, ripetitivo, che non permette uscita. Variazioni che si aprono a partire dalla linea principale che porta la rappresentazione dalle tenebre verso la luce. Un processo di rivelazione che coinvolge le luci e le immagini, il ritmo e la musica, ma anche l'azione scenica: i ballerini si liberano delle maschere fino a proporre l'evidenza di un corpo nudo. L'armonia di elementi eterogenei restituisce una rappresentazione coerente, un'immagine viva dell'esistenza umana, affascinante anche per i profani della danza.
Di: Herbert Natta per Gufetto.it
7 Peccati Capitali - Pubblicato il 17 giugno 2014 da Valeria Gaveglia
Roma, Fringe Festival. Nella prima settimana dedicata alle rappresentazioni teatrali in Villa Mercede si esibisce la compagnia bolognese Le Saracinesche con lo spettacolo 7 Peccati Capitali. La messinscena è realizzata attraverso un lavoro sul corpo e le possibilità espressive che ne derivano.
Già negli anni trenta del Novecento l’attore Étienne Decroux portava in auge la pratica teatrale del mimo e ora il pubblico contemporaneo ha la possibilità di venirne a conoscenza così da apprezzare un’arte tanto interessante quanto inesplorata. Per definizione il mimo è una presenza scenica dall’indole tragica e scegliere “il peccato” come argomento della pièce non è stato un caso. I sei interpreti sono opportunamente vestiti con aderenti tute nere e hanno il volto coperto dalla tipica maschera neutra che lascia intravedere appena i tratti somatici. Quella che a primo impatto può sembrare una danza è in realtà la tecnica del mimo degnamente riproposta. Lo spettacolo procede attraverso la scansione delle scene così da offrire la rappresentazione di ogni singolo peccato. Ciascuna scena è accompagnata da una melodia o da una voce, il cui intento e di meglio definire ciò che è già visibile sul palco. Il fine enfatico è inoltre perseguito per mezzo delle luci. 7 Peccati Capitali segue complessivamente una linea coerente senza punti di forte tensione.
Fondamentale in una messinscena di questo tipo è lo spirito con cui il pubblico vi si approccia. Lo spettatore più legato a un teatro di parola ne resterà spiazzato ma non per questo deluso; quello aperto a una rappresentazione di questo tipo saprà apprezzarne i momenti migliori. Una cosa è certa, entrambe le tipologie di osservatori dovranno mettere in gioco la propria sensibilità e lasciarsi emozionare dal movimento dei corpi in scena.
di Valeria Gaveglia per CLOSE UP Storia della Visione
http://www.close-up.it/7-peccati-capitali
7 peccati capitali
La compagnia bolognese ‘Le saracinesche’ porta in scena sul palco del Fringe uno spettacolo forte e disperato: un viaggio attraverso il senso della parola ‘peccato’ e del significato che di volta in volta essa può assumere. La drammaturgia, interamente affidata alla danza, al linguaggio del corpo e ai ritmi incalzanti della musica, nel suo ‘analizzare’ i vari e ipotetici peccati, evidenzia il ‘male’ e lo stato di sofferenza che l’uomo prova vivendo nel torbido. È dunque anche un viaggio dentro l’uomo e la sua psiche: le coreografie ‘graffianti’, i movimenti a scatti – che ricordano l’atto del punirsi – e le sequenze scandite da ritmi di crescente e quasi allucinata euforia, rappresentano la proiezione del contorto mondo interiore del peccatore, i suoi sentimenti, la sua sensibilità e, infine, la sua disperazione. Gli interpreti in scena propongono una vasta ‘selezione’ di peccati: dall’ira, all’indifferenza, dalla lussuria, all’ingordigia. Il tutto con l’intento di offrire una chiave di lettura e d’interpretazione positiva: il continuo e costante tentativo di ribellarsi, di ‘uscire fuori’ dall’oscurità, suggerisce infatti l’idea che, nonostante vivano nel peccato, queste anime conservino la speranza della redenzione e bramino la luce e la salvezza. L’ambiguità dell’agire umano è d’altronde lo specchio dell’ambiguità dei nostri più reconditi e inconfessabili pensieri. Un soggetto non facilissimo per lo spettatore, dove danza, musica e linguaggio non verbale, non sono sempre riusciti a colmare l’assenza delle parole e del dialogo nella comprensione del testo e nell’evolversi degli eventi.
di Carla De Leo per Periodico Italiano Magazine
Roma Fringe Festival. 7 peccati capitali della compagnia Ote Le Saracinesche
Corpi che dal buio si trascinano ad una fioca luce, spersonalizzati i volti, coperti da calza scura, vivono più nella loro ombra proiettata mentre si sente una preghiera, atto di dolore in un lago infernale. Questo è l’inizio di 7 peccati capitali, della compagnia emiliana O.T.E. Le Saracinesche, andato in scena durante la prima settimana del Roma Fringe Festival 2014. Costruito per quadri, il lavoro (del 2013) nasce come rappresentazione dell’errore umano, costantemente sottoposto a giudizio; attraverso un costante tappeto sonoro d’appoggio al movimento, fatto di melodie classiche, elettroniche e registrazioni vocali, la danza di sei elementi fonda sulla creazione dell’immagine il proprio senso. Tuttavia il lavoro necessiterebbe di una definizione maggiore, non tanto per la confusione rispetto il messaggio che alcuni quadri non sembrano riportare con chiarezza, quanto perché in certi casi la danza rischia di rimanere vuoto movimento e l’astrazione allontanare da quell’umanità originaria da cui scaturisce l’errore; così come lo svelamento del viso rischia d’essere appuntamento previsto dal pubblico, gioco scoperto più che animo messo a nudo. Sembreranno allora più interessanti i volti protetti dalla scura calza, liberi di vivere il momento e la fatica, senza la costrizione di dover interpretare un ruolo che inevitabilmente estremizza una condizione facilmente cedevole alla grottesca disperazione. Non mancano però alcuni momenti più riusciti, efficacemente costruiti sia dal punto di vista formale che emotivo: tra tutti, il quadro dedicato alla fame, dove una figura avvolta in un mantello sovrasta una massa di braccia imploranti bagnate da una fascio di luce rossa, nascondendo una schiena scoperta; in quel caso la nudità dello sguardo, sbarrato, ritorna allo spettatore con onestà; il gesto, semplice, di richiesta di cibo, acquisisce il suo pieno senso, e la parola suggella la comprensione.
Di Viviana Raciti per TEATRO E CRITICA
http://www.teatroecritica.net/2014/06/taccuino-critico-roma-fringe-festival/
Roma Fringe Festival: “7 peccati capitali”, la qualità come essenza di comunicazione
Si può parlare di teatro danza, scorrere nella storia del teatro i vari generi e le varie nomenclature che sono state inventate per identificare quel genere teatrale che tende a privilegiare il corpo piuttosto che la parola, ma quello che accomuna tutte queste forme di spettacolo (che poi è la chiave di tutti i generi di arte) è la comunicazione.
“7 peccati capitali” di Emiliano Minoccheri è un ottimo esempio di assenza di tale principio tra pubblico e spettacolo. Spettacolo che per assenza di qualità scivola molto più verso una coreografia che un rito, è proprio in tale principio, la qualità appunto, che va ricercato il senso della comunicazione. Ciò che è di qualità crea automaticamente un ponte tra comunicante (performance) e ricevente di comunicato (spettatore). Lo spettacolo di Minoccheri, poco interessante quanto poco chiaro, risulta allo spettatore faticoso da seguire, lasciandogli un dubbio irrisolto, ovvero: “cosa sto vedendo?”.
Davide Sacco per Corriere Spettacolo.it
http://corrierespettacolo.it/7-peccati-capitali/