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R4 ALICE (requiem for alice) 2015

 

“Alice è morta, e il Paese delle Meraviglie assiste con indifferenza al suo funerale. Ma è un funerale o una resurrezione? Forse una messa in scena architettata ad hoc dai suoi vecchi compagni di viaggio?

 L’unica cosa certa è che  Alice non è più una ragazzina, ma una donna che, confusa, va incontro alla crisi della terza età. Un’età di approdo nella quale tutto muta, cambia, si rimodella. Un’età in cui il mondo si capovolge nuovamente sotto sopra e i contorni della realtà si tingono di nuovi e inaspettati colori.

Sarà pronta Alice ad affrontare questo viaggio alla ricerca di una nuova se stessa?

La Regina di Cuori, il Cappellaio Matto e il Gatto del Cheshire, unici superstiti tra confusi ricordi, potranno esserle da guida?

 Non ci resta che cadere ancora una volta nel buco insieme a loro e inseguire una possibile risposta.”

 

 

 

A 150 anni dalla prima pubblicazione di “Alice nel Paese delle Meraviglie”, abbiamo deciso di omaggiare il celebre racconto di Lewis Carroll con una messa in scena del tutto originale e una personalissima reinterpretazione della storia e dei personaggi che prendono vita in questo fantastico mondo.

 

Nella rilettura del testo, abbiamo giocato con le parole e il senso del racconto, cercando nella nostra esperienza personale un significato più vero e profondo del termine “cadere nel buco”. In altre parole, ci siamo posti (come sempre), domande. Quand’è che nella nostra storia, nel nostro percorso di vita ci ritroviamo a cadere, fallire, affrontare crisi e smarrimenti che ci portano inevitabilmente a cambiare, a crescere, a maturare?

La stessa drammaturgia, frutto di un lavoro corale, nasce da un incidente di percorso in cui la nostra compagnia è incappata (o si è inceppata) durante la prima fase di produzione dello spettacolo. Un incidente che per molti è stato vissuto come un piccolo trauma: un vero e proprio lutto. Da qui l’idea di far ripartire il progetto, la favola, da una morte, da un requiem.

 

Siamo così partiti simbolicamente da un funerale, da un rito funebre, metafora di una fine; della morte delle idee, della fantasia, dell’immaginazione, della creatività, ricollegandoci poi coi meccanismi che regolano l’agire di ognuno di noi nel contemporaneo, meccanismi legati a logiche di individualismo e apologia del proprio “IO”.

La nostra Alice, a differenza del racconto originale, non è una bambina che deve affrontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, ma una donna matura con alle spalle un’intera vita, fatta di passioni, avvenimenti, ricordi, successi, sconfitte, incontri, abbandoni.

 

Alice è vecchia, stanca, confusa…Non ritrova più la poesia di un tempo, di un’infanzia che non vuole più tornare. Attorno a se trova solo caos e confusione, trova smarrimento e lacerazione. La crisi di identità che si trova ad affrontare non è una crisi adolescenziale, ma senile e coinvolge non solo Alice ma anche i personaggi (quelli rimasti) che l’accompagnano ancora una volta in questo viaggio e che le fanno da eco e da specchio noi suoi sentimenti più profondi.

Tutti ridono, scherzano, si prendono gioco gli uni degli altri, come in una grande festa, come in una continua ricerca di gioia e speranza. Ma è una lotta contro il tempo che, come al solito, sfugge inesorabilmente verso l’ignota meta del nostro destino.

 

Riuscirà a riemergere dal torpore questa nostra Alice un po’ vecchia e abbacchiata ma ancora piena di vitalità e passione?

Riusciranno i ricordi di un’infanzia magica e trasognata a non svanire per sempre?

 

 

credits

 

scritto, interpretato e ideato da

Bendetta Carmignani, Emiliano Minoccheri,

Massimiliano Musto, Giuseppina Randi

 

regia, luci e costumi

Emiliano Minoccheri

 

assistente alla regia

Valentina Scocca

 

assistenza tecnica

Carlo Massari, Maurizio Musto, Alessandro Fusella

 

photo                                               editing video

Gino Rosa, Matteo Piazzi             Manuel Rossi

 

con il contributo e il patrocinio di

Assessorato alla Cultura Comune di Ozzano dell’Emilia (Bologna)

e Festiva La Torre e La Luna 2015

 

 

 

 

 

recensioni 

Dal 6 al 9 luglio, presso la Palestra della Scuole Ciari di Ozzano dell’Emilia, la Compagnia Ote Le Saracinesche porta in scena alle 21.30R4 ALICE - Requiem for Alice, uno spettacolo intenso, ricco di emozioni e inquietudini, a tratti spaventosamente surreale, con attori (Benedetta Carmignani, Emiliano Minoccheri, Massimiliano Musto e Giuseppina Randi) capaci di emozionarsi e di emozionare, rapire il pubblico verso il “Paese delle Meraviglie”.

Alice è morta e assiste con indifferenza al suo funerale. Non si riesce a capire se si tratta di un funerale o di una resurrezione, uno scherzo o una messa in scena dei suoi compagni. La regina di cuori, il cappellaio matto e il gatto del Cheshire faranno da guida ad una Alice ormai vecchia, dove ogni ruga è un percorso vissuto, una Alice confusa, in crisi. Viene affrontato il tema della Terza Età con i suoi mutamenti, cambiamenti, rimodellamenti. 

 

Attraverso Alice i compagni analizzano se stessi (ormai accartocciati) e si trasformano; attraverso la follia, le risa, i pianti, i monologhi struggenti creano un nuovo viaggio per andare incontro a quel “buco” luminoso che ci attende per portarci chissà dove. La regia è di Emiliano Minoccheri, l’assistente alla regia Valentina Scocca.

 

 

Vincenzo Lalomìa (Prima Pagina On Line.Org)

Ad Arte è un festival indipendente, direzione Igor Mattei e Marina Biondi che da tre anni anima Calcata, un borgo di origine falisca a soli 40 km da Roma. Nessuna sovvenzione, nessun aiuto economico. Per paradosso, fa di necessità virtù, riuscendo a emozionare con poco e indipendenza.
Il borgo ha una storia davvero particolare: evacuata intorno agli anni Trenta perché ritenuta a rischio terremoto, venne poi ripopolata negli anni Sessanta da comunità di artisti e hippies. Una scelta radicale, un modo diverso di vedere e concepire la vita, un luogo di incontro e di protezione per fuggire dalla monotonia della vita normale. È probabilmente con lo stesso spirito che nasce il festival Ad Arte, appunto verso l’arte, per l’arte. In sei giorni Calcata si è riempita di compagnie teatrali, registi, attori, musicisti, pubblico curioso. Un’ atmosfera ricca di energia e vitalità.
Sorprende trovare ancora festival indipendenti in cui si può realmente parlare con le persone, rendersi disponibili al duro lavoro dell’organizzazione, dell’accoglienza degli artisti, della promozione, degli allestimenti, degli imprevisti. È davvero un luogo si scambio e creazione. Si può parlare con i direttori del festival, sempre presenti e individuabili. Nulla è scontato, tutto può succedere e tutti si aiutano. Si percepisce la forte voglia di stare insieme e di provare a cambiare visione attraverso il teatro, il cinema, la musica. E in pochi hanno il coraggio di farlo.

Ogni giorno si può assistere a proiezioni e spettacoli, nello specifico, tenuti in due spazi meravigliosi, un teatro alla greca vista colline lussureggianti e una sala ristrutturata proprio all’inizio del centro storico. È qui che sabato 16 luglio è andato in scena Capinera di e con Rosy Bonfiglio. Sicuramente una scelta coraggiosa da parte della giovane attrice, che adatta una novella di Giovanni Verga in monologo potenzialmente dilaniante e che certamente implica di notevoli doti, anche mnemoniche, per stare in scena da sola per quasi un’ora e mezza.
Rosy Bonfiglio mostra di possedere almeno in parte queste doti, cedendo a un eccessi di didascalismo per un’interpretazione a voce squarciata dal dolore e dal pianto, forse un po’ esagerata e un po’ troppo singhiozzata.

Poi tra uno spettacolo e l’altro, come d’abitudine a Calcata ci si confronta vivamente, forse perché non c’è campo telefonico e si preferisce l’incontro, quasi come se tornasse indietro nel tempo.

Il secondo spettacolo R4 Alice – Requiem for Alice della compagnia Ote Le Saracinesche, diretto da Emiliano Minoccheri, è una curiosa, non particolarmente originale, rivisitazione dell’omonima favola che tutti conoscono. Alice, risvegliatasi al suo funerale nel Paese delle Meraviglie, si ritrova a ricordare il proprio passato, chiedendosi, come d’altronde gli altri personaggi, quale sia il motivo della sua esistenza, come suggerito anche dal Brucaliffo, non a caso rappresentato da una istallazione a forma di punto interrogativo. In una performance fatta di clownerie, pantomime e giochi di parole, anche queste non sempre inedite, con una sadica Regina di Cuori che vuole stare sempre al centro dell’attenzione e vuole tagliare la testa a tutti pur di mantenere il proprio ruolo da cattiva, assistiamo a una Alice confusa e che confonde il pubblico. Una confusione come anelito di non normalità, dunque eriticità, suggeritaci dal suo amico Cappellaio Matto, il cui copricapo gli funge da pirandelliana corazza: «Io non so chi sono. Ed è meraviglioso. Dovresti imparare anche tu a guardare nel buio».

Si passa infine all’ultima performance Dark Room 7,51 € per una bandiera italiana di e con Marco De Meo, uno spettacolo fuori dai canoni di ogni narrazione. In una piazza piena di gente, in un gioco di luci e di musica elettronica curata da Alice Colla, con la consulenza di Danio Manfredini, l’attore milanese scherza e gioca con una bandiera italiana e alterna luoghi comuni, ansie tipiche del popolo italiano in brevi e rassegnanti monologhi contraddittori: la crisi economica, la dipendenza dallo smartphone, la disoccupazione e le sue conseguenze. Ma per fortuna si può sempre ballare con un babydoll a ritmi sfrenati, come in una discoteca e colpisce la pungente malizia con cui si conclude la performance.

Tre spettacoli eretici, tre storie di eretici, tre messe in scena tendenti all’eretico o con l’intenzioni di esser tali. In piena sincronia con il tema del festival, a conclusione della serata ci sentiamo tutti un po’ fare parte di un’eresia, ci sentiamo tutti un po’ contraddittori e contraddetti, ci sentiamo tutti anticonformisti. E forse ci sentiamo anche un po’ tristi a tornare alle nostre normali vite.

Fiorenza Sammartino (Persinsala.it)

Chi, da piccolo, e forse anche da adulto, non ha sognato, almeno una volta, di vestire i panni della distratta Alice? Di essere risucchiato in quel fantastico mondo alla rovescia, boccheggiare A E I O U col Brucaliffo, gozzovigliare con il Cappellaio Matto, sfidare lo scorrere del tempo con il Bianconiglio, gustare un singolare thè alle sei del pomeriggio o festeggiare un non-compleanno?

Alice, però, ora non è più una bambina curiosa e piena di voglia di fare. È stanca e confusa. Non è più una bambina che deve affrontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. È una donna adulta, che al futuro antepone il passato, che alla vita tutta ancora da vivere antepone la vita vissuta, fatta di ricordi, passioni, successi e sconfitte. La crisi di identità, che si trova ad affrontare, non è una crisi adolescenziale, ma sembrerebbe più una crisi di mezza età, e coinvolge non solo Alice, ma anche i personaggi che, ancora una volta, l’accompagnano in questo singolare viaggio. Che, ancora una volta, ridono, scherzano, si prendono gioco gli uni degli altri, pur consapevoli dell’inesorabile corsa contro il tempo, riecheggiando lo smarrimento di quella bambina dal vestito blu e la chioma bionda raccolta in un fiocco, ormai cresciuta.

La pièce si apre con la celebrazione di un funerale. Nero, il colore dominante. L’atmosfera che accoglie lo spettatore, caduto nel buco, in quel fantastico mondo, è cambiata. “Alice è morta, e il Paese delle Meraviglie assiste con indifferenza al suo funerale. Ma è un funerale o una resurrezione? Forse una messa in scena architettata ad hoc dai suoi vecchi compagni di viaggio?

Sarà pronta Alice ad affrontare questo viaggio alla ricerca di una nuova se stessa?

La Regina di Cuori, il Cappellaio Matto e il Gatto del Chesire, unici superstiti tra confusi ricordi, potranno esserle da guida? Non ci resta che cadere nel buco insieme a loro e inseguire una possibile risposta”.

(Rossella Capuano per Eroica Fenice)

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